Il cibo è protagonista dell’alimentazione, bisogno primario, che va distinto dal concetto strettamente fisiologico di nutrizione.
Se esiste un unico modo per nutrirsi, svariate sono, invece, le modalità di alimentarsi.
Esploriamo, di seguito, i diversi significati simbolici che il cibo può assumere secondo una lettura psicodinamica.
Cibo valore psicologico
Il rapporto che ognuno di noi ha con il cibo e con il proprio corpo ha radici profonde nella storia di ciascuno e nella cultura nella quale si è immersi. Per questo il mangiare ha un grande valore psicologico sia per l'individuo che per la società, la quale lo rende spesso elemento centrale dei nostri incontri, attribuendogli un significato che va oltre la sua concreta realtà organica.
Fin da subito, l'alimentazione assume un’importanza notevole per quanto riguarda lo sviluppo fisico, ma anche psicologico e sociale della persona.
Possiamo sostenere che il processo dell’alimentazione è al centro della vita emotiva della prima infanzia e tutto il mondo del bambino vi gravita attorno con le sue emozioni più importanti, come il piacere, il dispiacere, la soddisfazione, l’ansietà, i sentimenti e le modalità di esprimere amore e rabbia.
Questo perché il bambino, facendo esperienza dei vari momenti nutrizionali, crea e memorizza delle associazioni circa l’esperienza alimentare, per esempio, il mangiare può essere associato ad una sensazione di benessere e sperimentando emozioni e sentimenti positivi, si andranno a costruire ulteriori associazioni del tipo:
“Sono nutrito, quindi sono amato, per cui sono tranquillo”.
E' proprio a partire da questi vissuti che si strutturano le esperienze legate alla tolleranza dell’attesa del cibo, al bisogno esasperato di questo o al rifiuto di alcuni alimenti, come anche le modalità e le abitudini di assunzione.
Cibo e aspetto relazionale
La prima forma di relazione che il bambino può realizzare con il mondo esterno, passa attraverso la madre ed ha come primo strumento proprio il cibo.
Attraverso il cibo, il bambino vede realizzati i suoi bisogni elementari di sicurezza e di benessere, diventando così strumento della relazione affettiva con la madre.
Essere nutrito significa, quindi, essere amato, per cui la fame assume una valenza più ampia della semplice sensazione di stomaco vuoto, ma è paura di morire, di essere abbandonato, non amato.
Dunque l’esigenza alimentare, da semplice bisogno fisico, diventa bisogno di sostegno, di contenimento, che trova soddisfazione nel contatto fisico e nell’essere tenuto in braccio.
Cibo tra piacere e colpa
L'allattamento rappresenta in assoluto il primo incontro con la sensazione di piacere, sensazione che il neonato non ha mai sperimentato prima di allora.
Mugnani definisce il primo incontro con il piacere “un incontro devastante”.
Si tratta di una forma che porta già in sé i tratti di un piacere erotico e corporeo, in quanto implica anche la presenza dell'altro.
Il legame tra il concetto di piacere e quello di colpa viene arricchito dal concetto freudiano di complesso Edipico, momento in cui il bambino comincia a vedere nella madre un oggetto sessuale.
Piacere e colpa sono sensazioni vicendevoli, reciproche. Ecco che tornando all’atto di mangiare, questo incarna lo scenario del primo incontro con il piacere, richiamando quindi su di sé, anche la prima sensazione di colpa.
Cibo e dipendenza
Oltre al senso di colpa, l’alimentazione può essere anche lo scenario di una situazione di dipendenza. Nella fase di allattamento possiamo rintracciare l’origine delle problematiche di questo tipo, in quanto la posizione di dipendenza del neonato, che è funzionale allo sviluppo del rapporto madre-bambino, è una posizione subalterna, in cui non si può fare a meno dell'altro, del rituale e del nutrimento stesso, per cui si dipende dalla madre.
Quando però si rimane intrappolati in questa posizione, posticipando la separazione e la conseguente autonomia, la situazione può divenire problematica.
Cibo e dinamiche relazionali
Partendo dalla ricerca del significato “originario ed infantile” del cibo, è emerso quanto questo sia veicolo di dinamiche che coinvolgono l'Altro.
Da un punto di vista psicodinamico, quindi, il principale significato del cibo è quello relazionale.
La relazione di per sé implica sempre delle aspettative, le quali se disattese portano sofferenza e odio, per questo il cibo oltre a rappresentare il dono d'amore, del piacere, dell'incontro, può veicolare anche messaggi di differente tono emotivo, a prescindere dalle situazioni.
Per esempio, sostituendo il seno dell'allattamento ad un pranzo a tavola, vedremo come le dinamiche familiari non cambieranno di molto:
"Ha dato più cibo e quindi più amore a mia sorella"
"Ha servito prima mio fratello di me"
"Ha paragonato il mio peso a quello di un altro" ... e così via.
Concludendo
Possiamo sostenere che molteplici sono i ruoli, le funzioni e le dinamiche di cui il cibo è protagonista. Può essere oggetto, bisogno, dono d’amore, veicolo dell'incontro con l’altro, può essere associato a sentimenti di piacere, di colpa, di mancanza, di desiderio e di odio, ma soprattutto ha un'importante funzione comunicativa e relazionale.
Milano, dott.ssa Francesca Amatulli - Psicologa Psicoterapeuta
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